
A Paolo Emilio Stasi (1840-1922), agiato pittore di Spongano, risale l'antefatto della nascita del Museo di Maglie.
Appassionato di paleontologia già dalla seconda metà del 1800, grazie anche alla presenza nel Salento di uno dei capostipiti italiani di questa disciplina, Ulderigo Botti, e autore di diverse segnalazioni lungo la costa di Castro, come il deposito a fauna pleistocenica di Grotta delle Striare (i cui materiali prontamente sottopose al Botti), conobbe Pasquale de Lorentiis, padre di Decio, al Real Ginnasio Francesca Capece di Maglie, dove entrambi insegnavano, stringendo una leale amicizia che non avrà termine.
Nel 1900, penetrando in una cavità presso Castro, già segnalata nel 1871 dal Botti, grotta de' Romanelli, ne svelò al mondo la fondamentale importanza nell'ambito della preistoria italiana. I primi saggi di scavo, condotti dallo stesso Stasi, aiutato dal De Lorentiis e da altri amici fidati, tra il 1900 e il 1903 misero in luce resti di fauna pleistocenica associata a strumenti litici di epoca paleolitica, la cui esistenza in territorio italiano era allora negata dal Pigorini, la più autorevole voce in tal campo, e i primi documenti in Italia di arte preistorica in grotta.
Nel 1904, insieme a Ettore Regalia, del Gabinetto Paleontologico di Firenze, pubblica la nota introduttiva alle ricerche condotte in Romanelli, attirando non solo le ire e lo sdegno del Pigorini, ma anche l'acredine di autorevoli voci
Foto Archivio del Museo.
salentine, come quella di Cosimo De Giorgi che, sulle pagine del Corriere Meridionale, ne stroncava la figura, rispondendo con veemenza e sarcasmo alle note di Pasquale de Lorentiis sull'importanza e il valore scientifico della scoperta realizzata dall'amico.
Ne seguì una damnatio memoriae dello scopritore e della cavità, che non solo amareggiò a lungo Stasi, ma lo relegò in un ruolo quasi secondario nella vicenda di Grotta Romanelli. La sua figura fu ridimensionata, nella memoria collettiva salentina, a quella di un pittore per nulla interessato alla ricerca preistorica e che per un puro caso fortuito si imbattè in Grotta Romanelli, mentre vagava tra gli scogli di Castro alla ricerca di un anfratto suggestivo dove ritrarre una Madonna, e così è giunta fino a noi.
Venivano così cancellate, fino a tempi recenti, la passione di un uomo e la trentennale attività di ricerca nel territorio precedente alla scoperta di Grotta Romanelli.
Dopo 10 anni di assoluto silenzio ufficiale, sebbene schizzi delle prime manifestazioni artistiche (prime in assoluto per l'intero territorio italiano), scoperte sulle pareti di Romanelli dallo stesso Stasi, facessero il giro dei salotti scientifici europei, nel 1914 lo scienziato di fama internazionale Barone Gian Alberto Blanc ottenne autorizzazione a scavi sistematici in Grotta Romanelli, dando così avvio al più felice e fecondo periodo di ricerche.
L'anziano Paolo Emilio seguì sempre appassionatamente le campagne di scavo fino al 1922, accompagnato dal suo amico de Lorentiis, a cui presto si aggiunsero i giovani Decio De Lorentiis, Alberto carlo Blanc, Paolo Graziosi, Antonio Lazzari ed i figli di Stasi, Gino e Giovanni.
Nascevano, in quei momenti, i presupposti che avrebbero portato alla nascita del Museo di Maglie. In esso confluirono, infatti, le collezioni provenienti dalle "terre rosse" e dalle "terre brune" di Grotta Romanelli delle Famiglie Stasi e De Lorentiis, divenendone il nucleo fondamentale delle esposizioni del Museo.

Schizzo di un sogno di Paolo Emilio Stasi su Grotta Romanelli: P. E. Stasi in camicia
da notte, P. de Lorentiis e G.A. Blanc assistono alla festa da ballo, organizzata dagli
scheletri preistorici rinvenuti nella cavità, per la ripresa degli scavi nel 1914.
Eseguito da I. Valente.